mercoledì 11 settembre 2013

biscotti e farina in silenzio.

zitta zitta, me ne torno di qua. dove se fa male non è una colpa. meno 15. io conto i giorni da allora.
dove posso contarli, i giorni, e nessuno mi dirà che sto indugiando. dove magari nessuno mi farà una carezza, ma tanto sai, non me le fa nessuno le carezze, soprattutto per questo non detto. perché non l'ho detto a nessuno, lo sai solo tu, che carezze non me ne fai mai. non lì dove mi fa male, male male.

me ne torno qui, dove non legge nessuno, e se qualcuno legge poco importa. chi sono io nessuno lo sa.
sono qui, nel mio castelli delle erinni, zitta zitta a fare biscotti e tirare su col naso piagnucolando tutta sporca di farina.

domenica 10 marzo 2013

Da te.

Piano piano mi allontano da te.
Comincio da adesso,
comincio da prima di me.
Un cuneo.
Neanche d'argento è questa distanza., sono si scalda, non ha valore.
Mi allontano da te
come fosse domani.
Un'altra distanza
un'altra distanza incolmabile,
da me a me,
il peso del tempo sbagliato.
Non sarò di carne, non sono di cera
non sono di terra -che non è madre, non è madre
e non sono sono di spugna.
Sono di quel tempo trascorso già inutile,
di vita scivolata sotto la strada,
lavata via,
come fosse niente, come fosse -pulito, vedi?
Adesso è tutto pulito.
Adesso
è tutto
pulito.
Comincio da adesso
ad allontanarmi da me.

C'è un posto in cui arrivano le lettere senza destinatario. Ti ho scritto due righe, e le ho spedite a quell'indirizzo.
Dormi bene.

venerdì 8 marzo 2013

Le ossa delle donne sono leggere.


Forse é vero che istituire "il giorno di" sottolinea che gli altri 364 non gli appartengono, che la diversitá non sempre passa per la diversificazione, che la mercificazione eccetera.
Peró la veritá è che dipende da noi, dipende sempre da noi.
Da noi donne e uomini di buon volontá, se questa volontá l'abbiamo.
Non smettere di ricordare, e non smettere di danzare.
A me si allarga il cuore quando la mia mamma, ancora, mi scrive l'8 marzo, quando il mio amore mi porta i fiori, quando la mercificazione non sporca la memoria -ma non diventa neanche una scusa per fregarsene ancora, un giorno di piú, con piú protervia.
Perché l'8 marzo degli spogliarellisti, il 14 febbraio delle cene di massa, non si combattono ingrassando la sciatteria e chiamandola "rispetto".
Noi che ci teniamo stretti, noi che ci teniamo strette tutto l'anno possiamo scambiarci un fiore in un giorno importante, e aggraziare per una volta i muscoli che ci siamo fatte combattendo ogni giorno.

Le ossa delle donne sono leggere, perché chi deve fare tanta strada non puó portare troppo peso, e sono flessibili, e resistenti, per non spezzarsi.
Le ossa delle donne imparano a non deformarsi, a ricrescere in fretta.
A perdere la forma del dolore, a restare sorridenti quando di slogano per mettere al mondo un figlio o spostare il peso immane della vita.
Auguri a tutte le donne che tutti i giorni combattono con grazia, operano con fatica e i capelli luminosi anche quando sono spettinati, carezzano dolcemente con le mani stanche.
E a tutti gli uomini che stanno loro accanto.
Perché anche se le ossa delle donne ricrescono in fretta é meglio avere cura di non spezzarle. Anche se le mani delle donne sono forti, ci piace che le vostre lo siano di piú. Auguri a noi, che ci teniamo stretti, che ci teniamo strette, tutto l'anno.

mercoledì 6 marzo 2013

Ciao Presidente - perchè certe morti sono una buona scusa per tutto.

Ciao Presidente. 
Non prendertela se uso la tua dipartita come scusa per dare sfogo ai fattacci miei, lo faranno in tanti, lo fanno sempre. 
So che é un po' di cattivo gusto, ma la gente, soprattutto in certi momenti, ha bisogno di aggrapparsi a una scusa, la gente soprattutto in certi momenti si sente piú sola e si immagina che la Terra sia attraversata da tanti fili d'un unico colore rosso, che ci uniscono tutti, chi piú chi meno, e che quando sente una tristezza piú profonda sia perché tutto il respiro del mondo é un po' affannato. Abbiamo bisogno di una scusa, di un sogno smarrito, di un morto abbastanza lontano, per accogliere la nostra vita, ogni tanto. Tu ne hai fatti di errori, certo. La tua Terra sta messa male, il sangue non é un buon concime, mai, lo so. Peró mi basti da scusa per guardarmi intorno e sentirmi un po' piú sola. 
Perché il maggior tradimento verso un popolo non é promettergli un sogno e realizzarlo in parte, ad un prezzo altissimo, anche sbagliando. 
Il tradimento piú grande é promettere un sogno e non assumersene la responsabilitá, mai, in alcun modo. 
Disgregare un popolo con il silenzio assente, la strafottenza pasciuta, le mani lavate. 
Abbiamo tutti un sogno infranto, e forse ti sto usando come scusa per i miei. 
Ma mi piacerebbe sentire il fruscío delle penne dopo le urla di protesta. Mi piacerebbe vedere una bandiera sventolare, dopo gli sputi sulle insegne del disonore. 
Forse é solo che il dolore del singolo si scioglie nei passi sincroni della comunitá, e questa comunitá io non la vedo. E il mio dolore, cosí, mi sembra un prezzo inutile da pagare. 
Non é una partita truccata, é che la partita non c'é. 
Perció non te la prendere, se passare dalla tua tomba in realtá é la scusa per salutarne altre che non ho, o che sono troppe e troppo vicine, e per stare un po' in compagnia, e per dare al mio dolore sperduto un volto abbastanza lontano da non avere rughe.

giovedì 10 gennaio 2013

Ops! Mi si è rotto il karma


Un attimo. un attimo che prendo fiato. Sta cosa la devo dire come la sento, tutta in una volta. Tutta in una volta. Come un fiotto di bile, caldo, acido e- schizz! impossibile da tenere dentro.

La verità. La verità che mi macina. La verità che nascondo. La verità di cui -mi vergogno. Mi vergogno? Ma ho ragione! Si, ma non sta bene prendersela così, in fondo che ti ha fatto? Che mi ha fatto? Deve morire! Si, erò non è che puoi fare così. Ti fa male, fatti le tue cose, no? Ormai è passato. Col cazzo, è passato.

A me no. Non mi è passato, a me.

Forse a qualcun altro si, forse. A me, no.

La verità è che sei troppo assolutamente miserabile per arrivare anche solo lontanamente a concepire quanto profondo e assoluto possa essere il mio totale disprezzo per te, e per quelli come te, ma per te in particolare, sì, questo podio è tutto tuo.

E che questo sporchi la mia anima è una cosa della qule non me ne importa assolutamente niente.Mi ha fatta un po' arrabbiare anche questo - ma come, cornuta e mazziata? Perciò adesso uno non ha neanche più diritto ad una sana incazzatura, che per di più ci paga anche le spese animiche?
Fare dell'ira un peccato mortale è una delle cose più infami che potesse fare Dio, o chi per lui.
Sai cosa farebbe bene davvero alla mia anima candida, al mio stracazzo di karma, al mio fegato, ad Anubi e a tutti i Santi?

Scoprire un giorno che non è vero, che c'è mai passata neanche la tua ombra su questo pianeta, che se mai c'è stato un alito, un fiato, un ricordo di un'ombra di te, è stata spazzata via, cancellata per sempre.
Il ricordo, l'ombra, il fiato, l'alito di vento mi fanno venire la lebbra. 
Non credevo di avere una tale profondità di sentimenti. E non sto scherzando.

Profondità. Significa che vai verso le viscere delle cose. E notoriamente, verso le viscere c'è l'Inferno. 

venerdì 14 dicembre 2012

La cura/2


Ti mangerò il cuore,
ché non faccia più male,
ché tu non senta più,
Ti strapperò gli occhi e,
sturando la memoria,
i ricordi usciranno come puledri assetati
scapperanno da te come tu non fuggi da loro.

E disegnerò un cerchio sotto ai tuoi piedi,
e lì, cieco, ti lascerò correre
finché saranno abbastanza lontani
da non sentirne più l’odore,
finché non saprai cosa ti ingrossa il fiato,
e siederai a riposare,
e non sentirai più,
non saprai più.

E ti strapperò  i capelli, e i denti e la lingua,
non avrai memoria di carezze e di rabbia
 e nessun nome da saper pronunciare.
Diseducato, il muscolo morbido attenderà parole nuove,
suoni incoscienti,
ché un nome o uno zampillo, un fischio, un’esplosione
siano solo suoni.

Ti strapperò le unghie per tutte le volte
che le hai conficcate nel palmo
e ti coprirò le dita di stracci colorati
per farti giocare.

Conserverò io la tua pena.
Conserverò io ciò che è andato perduto.
Perduto te, e perduta me,
conserverò il mio peccato
curerò le tua piaghe,
riempirò stanze e giardini di fili colorati e fontane
e non avrai più dolore, e accoglierò la mia colpa.

giovedì 12 luglio 2012

come i cavalli in guerra.

mi sono quasi stancata di dirmi da sola te l'avevo detto. lo sapevo, lo sapevo, cristoddio, lo sapevo. forse è vero che le cose a pensarle forte forte poi succedono.
mi sono fatta il tragitto dalla metro alla corte dei miracoli a piedi, per smorzare l'ansia, me lo sono fatto piangiucchiando e parlando da sola, ripercorrendo a memoria quello che non era ancora successo, esattamente così come è successo, poi, pochi minuti dopo.

succede che poi, ad un certo punto, ci si spezza. così. senza fare rumore.

che devo fare adesso? non ho nessuna scelta, perché quando la domanda è sbagliata la risposta non può esistere. come puoi chiedermelo, ancora e ancora e ancora, e neanche metterci un filo di comprensione a crudo, chiedere e basta, chiedere per sapere, maledizione a me che non ho più bestemmie che rendano l'idea, chiedere per sapere, così, a titolo informatico.

non lo so qual è la soluzione al problema, non lo so e a dirla tutta non sta a me trovarla. io ti ho accompagnato, curato, sostenuto dal primo giorno ad oggi, sempre, sempre, sempre, e più di quello non devo fare, non posso fare, non so fare. il tuo problema è diventato il mio, ma a quanto pare non è nostro. è anche mio, che è ben diverso. e tu, ovviamente, come ogni volta che mi ricordo di non essere tua madre, una madre perfetta e amorevole e comprensiva e sì amore, certo amore, come dici tu amore è sempre giusto, figurati amore, che ti preoccupi per me? la mamma ti ama qualunque cosa tu faccia. tu, ovviamente, te ne sei andato. come ogni volta. non solo si farà come vuoi tu, perchè certe domande hanno in sè la risposta, e per quello è vile farle, ma si farà senza che io abbia un filo di spazio di comprensione.
è questo quello che mi fa più male. non solo c'è tutto quello che c'è, ma ti inalberi pure.

mi sento come i bambini mollati da qualche parte dalle decisioni dei grandi. mi sento come e io?
e tu, sticazzi.

tutta la tua tanto decantata sensibilità dov'è, adesso? certo, se non facciamo così allora poi succederà che cosà, ed è sempre tutto più grande, più importante, più eccetera del mio miserabile piccolo cuore. già.
è diventata una comoda scusa il tuo dolore, una comoda scusa per camminare speditamente sugli inconvenienti di percorso, tipo me. perchè è così che mi fai sentire.

mi resta da scegliere se indossare il mio vestito migliore e partecipare alla competizione sbagliata, che più ti fai bella più lei si sentirà importante  -guardala, guarda come s'è conciata, si vede che si sente minacciata, porella- oppure fare finta di niente e sbandierare quell'avatar di normalità che si chiama sciatteria, e perdere in partenza la competizione sbagliata.

succede che ad un certo punto si spezza, e lo sai com'è? quando si spezza, non c'è mai nessuno a tenere i due capi del filo, e restano a penzolare miseramente nel fango, come le viscere dei cavalli in guerra.